La Colorazione del vetro antico

La colorazione del vetro antico dipendeva solo in parte dalla composizione chimica della miscela. Un influenza in tal senso era determinata anche dalle procedure di fabbricazione, in particolare dallo stato di ossidazione o di riduzione della fornace e del vetro ancora caldo. La maggior parte dei vetri può essere classificata in tre principali categorie: vetro a colorazione naturale, incolore (decolorato) o colorato intenzionalmente. La colorazione naturale verde bluastra, verde chiara e giallo verdastra degli antichi manufatti era dovuta agli ossidi di ferro e ad altre impurità presenti nella miscela. Tipico esempio di tale tipo di colorazione, sono le urne cinerarie romane. Le sfumature dal bruno dorato all'olivastro scuro o giallo verdastro, delle coppe ellenistiche, erano invece il risultato delle condizioni di ossidazione o di riduzione del vetro precedenti o contemporanee alla lavorazione. L'aggiunta di manganese o di antimonio, che neutralizzavano l'effetto dovuto alle impurità del ferro, portò alla fabbricazione di vetro trasparente, molto apprezzato dalle civiltà antiche. La colorazione intenzionale del vetro fu scoperta per errore o per tentativi, grazie all'aggiunta di ossidi metallici (utilizzati ancora oggi dall'industria vetraria). Con il rame si otteneva vetro azzurro, verde o rosso opaco, (a seconda delle condizioni della fornace), con il manganese (in condizioni favorevoli) vetro purpureo, mentre il cobalto dava vetro turchino scuro. L'industria romana del IV secolo a.C., raggiunse un uso sofisticato di tali additivi, con la produzione del vetro dicroico (bicolore). Con l'aggiunta di polveri d'oro e d'argento, il vetro assumeva una colorazione diversa a seconda che la luce venisse trasmessa attraverso la sua superficie o riflessa dalla stessa. La famosa "coppa di Licurgo" fu realizzata con tale tecnica. I colori traslucidi maggiormente utilizzati erano il blu savoia, il color porpora, il giallo e diverse tonalità di verde. Tra i colori opachi si usavano il bianco, il giallo, il turchese, il blu pavone, l'azzurro chiaro, varie tonalità di verde, l'arancione, e il "color carne". La maggior richiesta di colori riguardava quelli che simulavano le tonalità delle pietre naturali o la colorazione della porcellana e degli smalti. Il vetro, spesso usato come sostituto di altre sostanze, in molte lingue antiche era definito "pietra fatta dall'uomo". Le superfici iridescenti color oro o argento, tipiche di gran parte del vetro antico, non corrispondono a un tipo di colorazione eseguita intenzionalmente dagli artigiani dell'antichità, ma sono piuttosto il risultato dell'azione degli agenti atmosferici e della devetrificazione. L'effetto arcobaleno si verifica infatti quando i sottili strati di alcali contenuti nel vetro interrato per molti anni, si disgregano, nel corso del tempo, a causa dell'umidità e degli agenti chimici. Quando questo processo giunge al termine la superficie dell'oggetto risulta gravemente butterata, e l'oggetto sottoposto a corrosione si sfalda del tutto. Soltanto un clima eccezionalmente secco come quello egiziano, salva i manufatti dagli effetti distruttivi di tale aggressione.


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