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Cupola del Battistero degli Ariani di Ravenna. Tecnica mosaico di vetro. V secolo d.C.
La qualità del vetro veneziano migliorò di pari passo con l'evolversi della cultura rinascimentale, ma questa produzione era già presente da qualche secolo. Non siamo a conoscenza se questa tecnica sia stata importata dai monaci o dalle popolazioni che si rifugiarono a Venezia per fuggire alle invasioni barbariche. Possiamo supporre che il suo sviluppo sia stato favorito dall'arte del mosaico in auge da secoli nelle città limitrofe. Di fatto esistono documenti che provano l'esistenza dei mastri "fiolari" (soffiatori di vetri cavi) già verso l'anno Mille. Trecento anni dopo le fornaci saranno trasferite a Murano per questioni di sicurezza e verranno controllate da uno Statuto del 1271 che ne regolerà l'attività commerciale.
L'importanza assunta dalla produzione del vetro cavo è testimoniata dal riconoscimento del titolo nobiliare ai vetrai di Murano che potevano così godere di un'autonomia particolare oltre che di un Libro d'oro simile a quello che regolava il Maggior Consiglio di Venezia, dove venivano iscritte le famiglie più importanti. La produzione consisteva in oggetti d'uso comune e poco altro. Un discorso a parte meritano invece le tessere per il mosaico, tipica decorazione bizantina, che erano "esportate" nell'Esarcato di Ravenna data la grande richiesta del periodo. Un'altra applicazione che si sviluppò velocemente fu l'imitazione delle pietre dure e del cristallo seguita dalla specialità, forse invenzione dei Veneziani, di produrre lenti per occhiali (inizi del XIV secolo). Gli oggetti di uso comune, perlopiù vetro cavo, saranno affiancati verso il Quattrocento dalla produzione "di lusso", categoria che, essendo di grande valore economico, venne custodita e conservata. Ciò consente una datazione dei prodotti pervenutici che li colloca all'interno di un importante contributo per il Rinascimento, perchè i Veneziani, che vivevano tra il mare e il cielo avevano un gusto particolare per il colore, identificabile nelle tinte e nei chiaroscuri usati dall'architettura e dalla scultura.
Al vetro colorato con sfondi azzurri, rosso ametista, bianco opaco ("lattimo") o verde smeraldo si aggiungono decorazioni pittoriche con una seconda cottura nel forno detto "muffola", tecnica di probabile derivazione islamica (anche l'architettura veneziana del periodo recava segni evidenti di quest'influenza mediorientale). Questa decorazione aveva uno scopo celebrativo di eventi come un matrimonio o un fidanzamento e talvolta per il culto religioso, consisteva in: ritratti, raffigurazioni mitologiche o allegoriche, impersonificazioni di Virtù (la Fede, la Speranza, la Forza, ecc), amorini, cavalieri, dame, ecc. Purtroppo non è possibile dare paternità a questi oggetti, perchè, come spesso rivela l'estetica di questa produzione, è la mente di un artigano e non quella di un artista a concepirli. Aggiungiamo però che proprio in quest'epoca alcuni maestri si specializzano nella decorazione e nella pittura e dall'isola di Murano arrivano pittori di notevole statura.
Brocca in vetro lattimo con decorazione ispirata alla Battaglia degli dei e del mare del Mantegna
Coppa Barovier. Tecnica smaltatura su vetro colorato. Metà XV secolo
Alcuni, come i Mocetto e i Vivarini, affiancarono nella storia dell'arte veneziana i capiscuola come i Bellini, tra loro alcuni si specializzano nel dipingere le vetrate, rinnovando questa tecnica e ridefinendone schemi e valori ereditati dal periodo bizantino. La cultura rinascimentale quindi non solo camminava a finaco dell'arte vetraria ma ne plasmava l'evoluzione. Inoltre, sia a Venezia che a Padova, era in fermento importanti centri di sviluppo e ricerca dove gli artisti più importanti completavano la propria preparazione iscrvendosi alle scuole umanistiche e frequentando celebri scienziati dell'epoca. Fu così che l'arte vetraria acquisì una mentalità umanistica che scavalcò la pura abilità artigianale e che la nobilitò ancora una volta. In questi anni il Barovier migliorò la tecnica di produzione del "vetro cristallino" quel vetro incolore che era conosciuto dai tempi dei Romani ma che fu condotto dai Veneziani alla massima perfezione.
Da ora in poi il vetro trasparente comincia a comparire in coppe nuziali, tazze, calici, vassoi, piatti e altri oggetti eleganti e viene decorato con le tecniche già in uso per i fondi colorati, mentre per quanto riguarda l'oggetto della decorazione vengono abbandonati gli elementi floreali e le immagini sacre e allegoriche in favore di imprese araldiche dei personaggi a cui sono dedicati i pezzi (da ricordare le fiasche dei Bentivoglio e il calice detto "Sforzesco"). Gli oggetti caratteristici con i quali il vetro trasparente si propone all'inizio del Cinquecento non mancano di riprendere le forme della produzione in metallo e in ceramica, tipici sono: grandi coppe ad uso di fruttiere, piatti a coste, lampade ad olio cilindriche chiamate "cesendelli" (termine usato per quelle metalliche). Non viene però interrotta la produzione del vetro colorato, essendo grande la richiesta di tessere per mosaico e importante materia di scambio le pietre dure. Anche il lattimo ricopre un ruolo importante perchè sostituisce le maioliche e le porcellane orientali di cui non si conosceva il segreto di fabbrica. Il nuovo secolo è inoltre caratterizzato da una qualità media molto alta, anche la produzione detta "d'uso comune" è molto migliorata e pur non avendone che pochi segni la possiamo ammirare nei dipinti (le "Cene") di artisti quali: Andrea Mantegna, Marco Marziale e Carlo Crivello. È il momento per l'arte vetraria veneziana di riorganizzarsi, ciò avviene con il rinnovamento del vecchio Statuto che prende forma nel libro detto "Mariegola" (madre-regola). Vi sono descritte tutte le nozioni fondamentali e il comportamento dei vetrai è condizionato da una ferrea disciplina che riguarda: l'esecizio dell'arte, delle vendite, relazioni tra padrone e garzoni, il tirocinio, ecc. La sorveglianza è rigida e regolata da un'apposita magistratura poichè ogni lavoro o arte ha una veste religiosa, i vetrai sono riuniti da una corporazione nel nome di S.Antonio.
Lampada pensile detta cesendello, inizi Cinquecento
Calice amatorio in vetro lattimo
In pieno Cinquecento continua il fenomeno di abbandono del colore, non solo per quanto riguarda il colore di sfondo ma ora anche per la decorazione che deve cedere il passo alla materia più pura il cui pregio viene identificato nella forma. Per fare un parallelo con l'architettura questo è il tempo in cui viene alla ribalta la purezza formale che si rispecchia nei modelli classici. Le forme sono tra le più eleganti anche per gli oggetti d'uso comune il cui repertorio è vastissimo, perchè come già detto gli artigiani ripropongono in vetro produzioni in metallo e in ceramica.
Altra tecniche che nascono in questo periodo e che saranno portate ad alti livelli sono: quella della "filigrana" o "reticello", che viene suggerita dal lattimo ed è usata come decorazione a risalto, e quella del vetro "a ghiaccio" ottenuto immergendo il "bolo" incandescente in acqua fredda, la superficie risulta leggermente increspata e propone un effetto semi-opaco molto suggestivo.
Per quanto riguarda la decorazione viene ripresa la tecnica detta "graffito", che consiste in scalfiture leggere ottenute con una punta molto dura (diamante o pietra focaia) che tracciano un disegno, e la tecnica della decorazione "a freddo": molto più facile e veloce della tecnica a smalto permette, oltre una gran quantità di applicazioni, di lavorare lontano dalle fornaci. In questo lasso di tempo, prossimo al XVI secolo, la decorazione a freddo prende frequentemente spunto, oltre che dalla pittura, dalla stampa contemporanea talvolta ricopiata; una delle fonti maggiori fu Marcantonio. A Murano è attribuita un'importante invenzione dell'epoca: lo specchio. Alcuni studiosi sostengono che già gli antichi avessero sperimentato lo specchio vitreo, ma per secoli lo specchio conosciuto era quello metallico di acciaio o argento ben levigato, inoltre le fornaci muranesi erano già in grado di fornire lastre sul cui rovescio si applicava una foglia sottile di stagno legata al mercurio (l'amalgama); non sarà un articolo molto diffuso fino al Settecento ma un'importante realizzazione. Quanto detto nei precedenti paragrafi suggerisce che durante tutto il Rinascimento Venezia era un punto di riferimento per l'arte vetraria di tutta l'Europa, pur esistendo fornaci in molte città d'Italia la loro produzione non era che d'uso comune e solo due meritano una citazione particolare: Firenze e Altare. A Firenze le fornaci di alto livello quasi competevano con quelle della laguna ed erano protette da una legislazione protezionistica che rallentava l'importazione dei manufatti veneziani, imitati anche grazie al fatto che gli specialisti che fuggivano da Venezia (dove l'emigrazione era proibita) verso la corte dei Medici erano i benvenuti. Applicazioni interessanti, proprie delle fornaci di Firenze e Pisa, furono le fiasche con rivestimento in paglia (ancora oggi in uso) e i vetri medicinali e scientifici utilizzati per: provette, termometri, barometri, vasi medicinali, ecc. Per quanto riguarda Altare le notizie storiche sono precise e dicono che in questo periodo l'arte vetraria era fiorentissima e anche se non abbiamo prove materiali sappiamo che i suoi vetrai erano riuniti sotto una corporazione: l'Università dell'arte Vitrea. Anche a loro era concesso un titolo nobiliare ma non erano costretti a rimanere legati alla città e quindi Altare fu ricordata come fornitrice di maestranze in tutta Europa, questi buoni rapporti a livello europeo favorirono anche l'incontro con l'arte veneziana da cui i maestri di Altare non mancarono di prendere spunto.